Bugiardino d’Oro. “Effetti speciali” Prima per Sandro Veronesi
Autore: Maria Zaira Limongi – Roma
Il commento di Sandro Veronesi: (Di gran lunga secondo me) “Effetti speciali”, perché declina il tema del cinema in un modo originale e inaspettato, e soprattutto perché, pur così breve, è scritto benissimo.
Zora. Il nome di sua nonna. L’aurora in lingua slava. Vania, docente universitaria di Storia antica, la teneva in grembo ma già le parlava dei suoi studenti, dei greci e dei romani, dell’Età del bronzo e l’inizio dell’Età del ferro, dei
fastosi giardini della città, della casa, della sua la cameretta che ogni notte si animava della frenetica vita dei pelouche.
Sì certo, ha un aspetto tenero ma dell’orsetto non mi fiderei, sai Zora, quel tipetto è golosissimo di miele…
La visualizzava paffuta e sorridente come suo padre che da giorni faceva un turno dietro l’altro in ospedale.
Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi quella notte nell’area interrata del cinema del suo quartiere.
Avevano risuonato le sirene per annunciare l’imminente coprifuoco.
Correndo a perdifiato, aveva puntato una delle vecchie sedie custodite da chissà quanti anni in quello scantinato.
«Fatela sedere lì, non vedete che aspetta un bimbo?!»
«Zora…»
«Fate sedere la signora Zora con il suo bambino!»
Ringraziò, non avertendo la necessità di puntualizzare ulteriormente. Adagiando le mani sul ventre, al primo fragore forte e cupo si rivolse alla sua ospite: No!
Non avere paura, piccola. Stasera ci siamo regalate una serata tutta per noi. Siamo al
cinema! E il cinema è magia. Puoi essere chi vuoi e andare dove desideri. I rumori?! Non
preoccuparti è solo che stanno proiettando un film con tanti effetti speciali. È un film
d’amore… Non te lo avevo ancora detto ma i fuochi di artificio si usano nelle feste, quando
le persone sono felici. Complici, per chi non c’era ancora, quanti le sedevano accanto presero a intonare l’hopak,
la più nota danza popolare. Quella che si suona e si balla nel corso dei matrimoni ucraini.
Zora arriverà.
Deve arrivare.
Premio Popolare Alfredo Bartoli. “Audrey mon amour” Autore: Eleonora Ricciardo – Roma
“Ti vuoi sbrigare, Ercole, li conti dopo i soldi”.
“Antonio, lo vuoi capire che ho una responsabilità? Prima il dovere poi il piacere”.
“Tutte le sere la stessa storia! Sei solo il cassiere, mica il proprietario del cinema! Per fortuna che, appena entriamo in sala, diventiamo qualcun’altro, così ho la speranza di trovarti più simpatico!”
“Madò, che lagnoso! Giuro che, se rinasco, faccio quello che controlla i biglietti, come te… Ecco, fatto, dai che la Teresa ci aspetta”.
“Bravo, quella povera donna ha finito il turno di pulizia da un’ora…te la immagini di là in tubino nero?”
“Antonio, ti ricordi la prima volta che abbiamo scoperto la magia? Questo fatto che, solo varcando la soglia della Sala 1, ci tramutiamo in personaggi?”
“E chi se lo scorda! Dovevamo andare a mangiare una pizza dopo il lavoro, io, te e Teresa. Quando siamo andati a cercarla in sala e al suo posto abbiamo trovato Audrey Hepburn, ma con la scopa in mano, pensavo mi pigliasse un infarto! Poi ho visto gli occhi di Audrey sgranati e ho capito che pure lei vedeva qualcosa di strano”.
“E certo, eravamo diventati Humphrey Bogart e William Holden, come nel film “Sabrina”, che era stato proiettato quella sera. Un capolavoro! Deve essere stato merito delle mie preghiere, perché alla fine del film, che sarà stata la decima
volta che lo vedevo, ho desiderato con tutte le mie forze di essere Humphrey e poter abbracciare Audrey, come nella scena del ballo nel campo da tennis, con la musica in lontananza”.
“E pure io ho sempre desiderato fare William, in quella macchina sportiva, con lei appena rientrata da Parigi. Mi sembrava di sentire il suo profumo! Dai che stasera ci tocca “Colazione da Tiffany”, però io divento George Peppard, mica posso finire sempre in bianco con Audrey!”
Bugiardino d’Argento. “La coppia più bella del mondo” Autore: Lucia Cabella – Genova
Il commento di Sandro Veronesi: “La coppia più bella del mondo”, per la tenerezza spesso trascurata che vive negli amori tra le persone anziane, cui manca un corpo adeguato per viverli fino in fondo e perciò, plausibilmente, lo prendono in prestito con la fantasia. Quel piccolo cinema di periferia era il loro posto preferito, raccontavano, quello in cui si erano innamorati. Ci andavano ogni domenica pomeriggio. Non aveva niente a che vedere con le anonime multisala del centro città, che puzzavano di popcorn, ammoniaca e caramelle gommose. Questa volta avevano scelto un film d’azione, un po’ lontano dalle loro abitudini, ma per tenersi la mano andava bene lo stesso.
«Sei più bella di Angelina Jolie», le sussurrò lui nell’orecchio.
«Davvero?»
«Giuro».
«E tu sei più fascinoso di Brad Pitt».
«Grazie, tesoro».
Se lo dicevano spesso, che non avevano proprio nulla da invidiare ai protagonisti di tutti quei film. Erano loro la coppia più bella del mondo.
Durante i titoli di coda si baciarono, come fosse la prima volta, intanto si sedevano sempre in fondo e non davano fastidio a nessuno.
Quando si riaccesero le luci si alzarono, malfermi sulle gambe, la schiena curva, ma ancora mano nella mano.
Lei nascose uno sbadiglio dietro a un sorriso. Come tutte le domeniche pomeriggio avrebbe avuto una gran voglia di starsene a casa, a sonnecchiare davanti alla televisione, ma a suo marito piaceva così tanto andare al cinema che non aveva mai il coraggio di proporglielo.
Lui diede una rapida occhiata all’orologio e sospirò. Il Genoa aveva già finito di giocare, se l’era perso di nuovo. Ma sua moglie adorava il loro appuntamento romantico, non l’avrebbe perdonato se l’avesse costretta sul divano a guardare la partita. Scacciò quel pensiero blasfemo.
«Domenica prossima torniamo».
«Certo».
«Sei la mia diva preferita».
«E tu il mio eroe».
Si guardarono, ma non videro rughe né capelli grigi. O forse li videro, ma nessuno l’avrebbe mai saputo.
Forse, se erano sposati da sessant’anni, lo dovevano anche a qualche piccola, grande bugia.
Bugiardino di Bronzo: “E se Luca non pensasse?” Autore: Alessandro Bonaciti – Porcia (Pordenone)
Il commento di Sandro Veronesi: “E se Luca non pensasse”, perché il cinema è anche il luogo in cui si possono fare delle sonore dormite ma, come ha detto Enrico Ghezzi, “quello che uno sogna quando si addormenta al cinema va ascritto a merito del film”.
Luca pensava, vedendo sullo schermo del cinema il protagonista che portava in giro 4 cani contemporaneamente con i guinzagli in corda legati ai polsi: «Ma se uno dei cani fuggisse, volerebbe verso il cielo come succede coi palloncini dei bambini?».
Luca pensava, vedendo sullo schermo del cinema il primattore che pedalava in una stanza chiusa usando una strana bicicletta mentre uno strano tizio gli urlava, eccitato, frasi di incoraggiamento: «Perché non si fa un giro su una bicicletta vera in mezzo alla natura ascoltando le sue voci?».
Luca pensava, vedendo sullo schermo del cinema il personaggio principale che incontrava dopo anni un vecchio compagno delle superiori e i due si abbracciavano e parlavano come fossero migliori amici: «Perché non sono rimasti in contatto visto che si vogliono ancora tanto bene? Perché ci lasciamo sfuggire le persone a cui teniamo? E quando le ritroviamo ci pentiamo di non averle avute con noi per tanto tempo, ma poi le riperdiamo nuovamente di vista?».
Luca pensava, vedendo sullo schermo del cinema la figura di spicco che guardava in TV ‘Eruzioni a catena’, ultimo documentario di un noto divulgatore scientifico: «Basterebbe cambiare una vocale per ottenere il titolo di un accattivante e di sicuro successo prodotto di un altro genere…».
Luca pensava, mentre un tizio gli sbatteva con insistenza la mano sulla spalla: «Ma questo qua non potrebbe guardare il film come tutti?» e mentre pensava pronunciò le stesse parole a voce alta. E il tizio rispose: «Guardi che si è addormentato, il film è finito da mo e devo pulire!».
Luca pensava, alzatosi dalla poltrona per dirigersi verso l’uscita del cinema, che da sempre preferiva il teatro…forse…